venerdì 21 luglio 2017

Sernio (SO). Rituali orgiastici nei frutteti

Da quanto consta alla scrivente Pasquino Pinzocheri Press Agency, l'umbratile borgo di Sernio, la piccola Antartide dei frutteti, che conosce il sole tanto quanto un musulmano osservante conosce l'enologia, è da tempo teatro di innominabili perversioni carnali, di veri e propri giochi bestiali ed ereticali, che si pensava esistessero solo come farneticante citazione nei verbali dei famigerati processi alle streghe del medioevo o ai tempi della Controriforma. Ebbene, non è così.

Una premessa, per meglio circostanziare la questione, è d'obbligo. Lo scorso mese, a Sernio è stato sequestrato Luigino Pomacelli Cocciniglia, meglio noto come il kaiser della pomella, proprietario di frutteti per un totale di circa 8mila piante. I rapitori hanno chiesto un riscatto pari a 2mila quintali di mele di misura 80-oltre.
Il possesso di cotale quantità di alberi di melo fa del Pomacelli Cocciniglia uno dei maggiorenti del paese, un aristocratico di diritto, non per nascita ma per censo frutticolo (unica fonte di dignità personale e diritti politici in quel di Sernio). Per tali motivi, il Commissariato Patriarcale per la Repressione dei Crimini anti Frutticoli (CPRCaF) ha immediatamente avviato le indagini per addivenire alla liberazione dell'eminente personalità rapita.
Il Nucleo Indagini Crimine Agrario Violento del CPRCaF ha scandagliato l'intero territorio serenasco alla ricerca di tracce ed indizi utili ed ha alla fine scovato l'ostaggio in una vecchia baita diroccata in località Marendöl. Infatti, i rapitori, risultati poi essere tre balordi originari di Cologna, hanno ad un certo punto deciso di abbandonarlo, in quanto la famiglia Pomacelli Cocciniglia aveva più dichiarato in pubblico che, ove fossero stati catturati, li avrebbero fatti sodomizzare più e più volte da un bisonte in astinenza da due anni e col pene foderato di filo spinato e carta raspa.

Conclusasi col lieto fine la vicenda del sequestro, sono però stati analizzati i dati raccolti dal CPRCaF, facendo emergere una realtà sconcertante. Quasi tutti i campioni biologici prelevati nei frutteti di Sernio contengono fluidi corporei di tipo intimo, connessi alla consumazione di rapporti sessuali. Fino a qui qualcuno potrebbe dire che non c'è nulla di scandaloso poiché:
  • non si tratta altro che di sana attività fisica svolta all'aperto
  • stante il rapporto che il popolo serenasco ha con i propri frutteti, non è così strano che le persone vi si rechino per la consumazione dei propri amplessi, stante anche l'effetto afrodisiaco che su quella popolazione hanno i gas emessi da foglie, frutti e corteccia del melo

Ma il punto è un altro: dall'esame dei DNA contenuti nei campioni, si è acclarato che si tratta di una miscela di fluidi corporei sia umani che animali; i DNA non umani appartengono a bovini, ovicaprini, ungulati e persino a struzzi e nutrie.
Ecco quindi la sconvolgente verità: nei frutteti di Sernio si consumano atti carnali tra uomini e bestie (spesso la distinzione risulta difficile ai meno esperti).
Ad onor del vero, una spiegazione della genesi criminologica di tale comportamento è facile da trovare: il popolo serenasco ha con i propri frutteti un rapporto profondo ed ancestrale così forte da trascendere nella carnalità. L'uomo di Sernio ha in un certo senso sviluppato una forma di bisessualità inconscia tale per cui si sente moglie del melo e marito della terra dove il melo cresce. Siccome la terra è popolata di animali e gli animali stessi predano i frutti del melo, l'intimità carnale con loro consente una reductio ad unum del dilemma interiore sotteso alla bisessualità in questione. Detto in altri termini, la relazione A/P con gli animali, sostanziandosi in un fatto di genere penetrativo sessuale bidirezionale (c.d. dai e prendi) consente all'individuo di realizzarsi nella sua interezza, in piena armonia olistica con la madre terra ed il padre melo, le due entità supreme della religione serenasca, operanti rispettivamente come generatrice della vita a fini di frutticoltura ed entità totemica che incarna la frutticoltura stessa medesima. È allora agevole dedurre come alla bisessualità inconscia si aggiunga una forma di incesto panteistico, che consente all'individuo di essere sempre più connesso all'universo serenasco, in vista del suo passaggio a forme di vita più alte, con l'ascensione alla Grande Poma Cosmogonica (passaggio che purtroppo avviene sempre troppo tardi).
Pasquino Pinzocheri Press Agency ha assunto alcune informazioni circa la consumazione degli anzicennati atti carnali, bestiali ed ereticali. Di seguito il resoconto di alcuni abominevoli episodi, che si fornisce per mero senso del dovere, superando il proprio disgusto affinchè a sua volta il disgusto alberghi nelle menti e nei cuori della sterminata platea di coloro che leggono.

Roberto Diradini Succhioni
Alzatosi alle 3.30 di notte per recarsi nel suo frutteto per un trattamento pesticida contro gli afidi, dopo aver inalato i vapori dell'insetticida e le sostanze emesse dalle piante di melo in fase di sviluppo dei frutti, è stato colto da un raptus erotico/agreste. Essendo solo sul posto, ha iniziato a toccarsi le parti basse, spalmandoci sopra un potente fungicida sistemico ad ampio spettro per oidio e ticchiolatura.
Raggiunto uno stato ultra priapistico, mentre stava iniziando una serie di manovre di autosoddisfazione manipolativa manuale, ha avvistato un cervo, intenzionato a nutrirsi del fogliame delle piante. Ha quindi imbracciato un fucile per sparare un colpo in aria a scopo di avvertimento, così da mettere in fuga l'ungulato. L'animale si è però messo a correre verso il Diradini Succhioni, il quale si è ben presto accorto che trattavasi di una splendida cerva. Allora ha buttato in terra il fucile ed ha imbracciato la propria verga, penetrando immantinente la malcapitata bestia.
I lussuriosi bramiti dell'animale hanno richiamato un intero branco di cervi maschi, che si sono uniti al congresso carnale, di modo che se il  Diradini Succhioni ha dato per uno, ha poi ricevuto per dieci. Si mantiene un doveroso riserbo sul luogo effettivo della ricezione.

Melita Goldini e GianSimone Paloxi
La giovane coppia di fidanzati si è appartata nel frutteto di proprietà dei genitori della ragazza, utilizzando come alcova la cabina di un trattore.
Dopo aver sniffato dosi da cavallo di polisolfuro di bario, i due affannati mentali hanno iniziato i primi approcci amorosi. Per rendere più romantico il momento, hanno poi deciso di scendere dal trattore, per avviare l'impianto di irrigazione a pioggia e consumare i propri roventi amplessi sotto l'acqua battente.
L'atmosfera di grande armonia agreste, frutticola ed idroterapica ha richiamato l'attenzione di due struzzi e di alcune decine di nutrie. Giunti sul posto, gli animali hanno notato la spropositata dotazione carnale del Paloxi ed hanno implorato, tanto i maschi quanto le femmine, di poterne usufruire. Il disgraziato ha assunto per via endovenosa un micidiale cocktail di anticrittogamici e di pesticidi, al fine di poter garantire la necessaria prestanza genitale ed ha poi ordinato agli animali di mettersi in fila ed attendere il proprio turno, dicendo loro che ce n'era per tutti, tanto in termini di centimetri che di litri.
Tutte le performances del debosciato Paloxi sono state filmate con lo smart phone dalla Goldini. Dal materiale girato è poi stato tratto un film hard, che ha già venduto più di 5mila copie a Sernio. Gli introiti generati dalle vendite, pari per valore a circa 7 anni di raccolti di mele, hanno indotto i due fidanzati a creare una casa di produzione di film a luci rosse, che hanno chiamato La banana nel meleto. La ditta produce e commercializza solo film hard amatoriali ambientati in frutteti, che ora offrono un rendimento ben superiore a quello ottenuto standoci intere giornate a spezzarsi la schiena. Ecco alcuni titoli di film ormai divenuti campioni di incasso, sia al botteghino dei cinema di Sernio che per vendita di DVD:
  • Le mele del peccato nel frutteto infoiato
  • Sodomia all'ombra del filare
  • Raccolta rovente per lo stallone esigente
  • Pulzelle in calore sul rimorchio del trattore
  • La minkia è dura in tempo di potatura
  • Perversione carnale dietro il bancale
  • S'allarga il culetto all'ombra del muletto

Jessica Ruboacari Afidini
Figlia sedicenne di un autorevole esponente dell'alta nobiltà agraria, ha sempre avuto molti problemi ad interagire con i propri simili, a causa di una forma particolarmente grave di sterco-alitosi insetticida di cui soffre dalla nascita.
In particolare, nonostante lo desideri ardentemente, non è mai riuscita a consumare il benchè minimo amplesso con i numerosi ed aitanti frutticoltori locali. Infatti, diversi hanno cercato di appartarsi con lei, ma:

  • alcuni malcapitati sono caduti in preda a flaccidosi mentulare fulminante, seguita da perdita dei sensi, appena il fiato della ragazza è giunto alle loro narici
  • altri hanno cercato di copulare con la ragazzina indossando preventivamente una maschera antigas, ma è facile comprendere come sia difficile mantenere un'atmosfera romantico trattino erotica in una simile concia
  • in un attacco di romanticismo, altri ancora hanno cercato di rimediare mettendo un secchio di latta in testa alla leggiadra pulzella, ma la concentrazione di gas mefitici respiratori era tale da causare la corrosione della lamiera, con conseguente  flaccidosi mentulare fulminante, come sopra citato
Stanca della propria illibatezza, Jessica ha preso una decisione radicale: concedersi carnalmente alle nutrie che zompettano allegramente nei frutteti di famiglia, situati al margine del lago di Sernio.

Una mattina, si è perciò recata all'alba nel frutteto, ha preso un bel respiro a pieni polmoni (causando l'istantanea defogliazione di circa 3mila piante di melo) ed ha poi deciso di spogliarsi e di sdraiarsi languidamente per terra, iniziando poi ad indulgere in alcuni atti di autoerotismo.

L'insistente attività di sollazzamento digitale ha attirato l'attenzione di un branco di nutrie che stava sguazzando allegramente nel lago. I pelosi roditori (una trentina) hanno velocemente raggiunto la fanciulla, mettendosi in fila per consumare con lei dei roventi amplessi. I primi quindici, non a conoscenza del devastante alito della Dulcinea, sono rimasti stecchiti. Gli altri, vedendo la mala parata, si sono ritirati in fretta e furia, si sono turati il naso con del fango e sono poi tornati sul posto, dove rimaneva ad attenderli la fanciulla insetticida. Ognuno di loro ha così potuto consumare plurimi atti carnali, bestiali, ereticali e pellicciosi, avendo solo l'accortezza di tenere il naso ben tappato ed utilizzare per la bisogna non l'apparato genitale ma la testa.

Grande soddisfazione per tutti, Jessica in primis, che ha così potuto liberarsi della propria illibatezza, al solo prezzo di un poco di solletico (non sotto le ascelle, si precisa) a causa della pelosità dei suo partners.

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