martedì 1 marzo 2016

Esplode a livello mondiale l'interesse antropologico per la "Costa dei Cech"

Da almeno un paio di mesi, il lato retico della bassa Valtellina (c.d. "Costa dei Cech") è diventato oggetto di un grande interesse, a livello mondiale, per gli studiosi di antropologia. Nell'area tra Dazio e Dubino sono ad oggi presenti almeno un centinaio di luminari dell'antropologia, provenienti dalle più rinomate università dell'orbe terracqueo (si citano, in modo non esaustivo, Yale, Harvard, Princeton, Berkeley, Oxford, Cambridge, Tubinga, Heidelberg, Sorbona, Salamanca). 
Pasquino Pinzocheri Press Agency ha deciso di indagare e di vederci chiaro, affinchè il popolo venga reso edotto circa le motivazioni che hanno spinto il gotha universitario mondiale a spedire un tale numero di eminentissimi e chiarissimi cattedratici nella landa in parola. I risultati delle indagini svolte sono stupefacenti. La popolazione della Costa dei Cech ha un unico progenitore comune: l'antica tribù nomade pre-indoeuropea dei Marshunatz, originaria della penisola di Kamchatka. 
Scavi archeologici condotti negli scorsi anni a Bedoglio, Pianezzo e Cercino, hanno consentito di appurare che attorno al 1.200 a.C. un migliaio di famiglie Marshunatz, guidate dal loro condottiero Thrapanabek il rubizzo aveva raggiunto la Costa, creandovi diversi insediamenti. Non solo: dalla decifrazione dei pittogrammi scolpiti su una stele ritrovata a Pianezzo è stato possibile ricostruire le motivazione dell'arrivo dei Marshunatz. Nel 1.235 a.C. il territorio nella Kamchatka era stato colpito da una gravissima carestia viticola ed enologica che aveva sconvolto la vita della nostra balda tribù, nota tra i popoli dell'estremo nord est dell'Asia per i ciclopici consumi di vino e, soprattutto, di feccia vinaria.
Sconvolti dalla mancanza di prodotti enologici, alcuni gruppi di Marshunatz hanno iniziato a vagare senza meta per tundre, steppe e taighe. Dopo circa 22 anni di peregrinazioni, uno dei gruppi è arrivato sulla Costa e, vededondola cosparsa di vigneti, i poveri vagabondi hanno deciso di stanziarvisi, convinti di aver raggiunto la nuova terra promessa. Mal loro ne incolse! Infatti, già nel 1.198 a.C. la metà dei Marshunatz era stata decimata da devastanti malattie conseguenti al consumo smodato dei terribili, mefitici e venefici prodotti enologici della Costa dei Cech (così risulta da una stele funeraria ritrovata nella necropoli di Bedoglio). In particolare, risulta straziante la vicenda del piccolo Chockmin, bambino di 2 anni fulminato dopo aver tirato due sorsate di liquame enologico locale da un fiasco cui era stata applicata una tettarella ricavata dallo scroto di un montone.
Secondo un meccanismo tipicamente darwiniano di selezione naturale, coloro che presentavano caratteristiche fisiche e metaboliche in grado di mettere il loro organismo al riparo dalla tossicità acuta dello pseudo-vino locale,  sono sopravvissuti ed hanno trasmesso il loro patrimonio genetico ai loro discendenti. Questa seconda generazione di Marshunatz nata e cresciuta sulla Costa dei Cech è il progenitore comune di tutte le popolazioni che ancora oggi, inopinatamente, vivono e prosperano in tale terra, unanimemente ritenuta dai popoli civili "in partibus infidelium".
I Marshunatz superstiti si sono quindi sparsi su tutti i territori della Costa dei Cech, fondandovi insediamenti locali che, col passare dei secoli, sarebbero poi divenuti: Dazio, Civo, Mello, Traona, Cino, Cercino, Mantello e Dubino. La mescolanza con alcune popolazioni autoctone ha poi condotto ad una certa differenziazione degli abitanti di ciascuno dei delendi borghi rispetto alla matrice originaria, ma occorre sottolineare come tutte le popolazioni attualmente presenti tra Dubino e Dazio presentino comunque un alto tasso di comunanza genetica ed antropologica, valutato in oltre l'85%. Infatti, risultano essere tratti comuni:

  • lo smodato consumo di vino locale, di grappe autoprodotte e feccia vinaria
  • l'esecrabile passione per le automobili Alfa Romeo
  • la locuzione di lingue di chiara matrice non europea, presentanti un particolare tratto comune: utilizzano un alfabeto con sole 2 vocali e 7 consonanti (rispettivamente traslitterabile con "ou", "auu", "spt", "prt", "rng", "rsc", "rtt", "kgr" e "blk")
  • i riti propiziatori e di iniziazione sessuale svolti in stato di trance, indotta dal fumo di particolari spinelli imbottiti di foglie di cipolla, sterco di caprone essiccato, rape rosse ed olio di ricino
  • le severe restrizioni all'igiene personale per le persone che hanno superato l'età adolescenziale
  • l'abitudine, sia maschile che femminile, di corteggiarsi mediante forme plateali di masturbazione in pubblico
  • i culti politeistici pagani, con venerazione del dio Torch e della dea Alfetasha (la c.d. "empissima dualità")
  • il ricorso alla zoofilia da parte di coloro che non sono coniugati, a mo' di "remedium concupiscientiae", per evitare incesti e pederastie

Ciò posto, si è reso necessario creare ex novo una nuova categoria tassonomica: il ceppo "cechistaico", che raggruppa le seguenti etnie:

  • Dascini
  • Civuschi
  • Mellatici
  • Traonati
  • Cineschi
  • Cercinasci
  • Mantellagri
  • Dubinoschi

L'interesse da parte del gotha degli studiosi di antropologia è motivato dal fatto che le etnie presenti da oltre tre millenni nella Costa dei Cech sono un preclaro esempio di "differenziale della contemporaneità" o, per converso, di "fossile culturale". Il fatto di vivere in un habitat isolato, più culturalmente che fisicamente ad onor del vero, dal resto del mondo ha giocoforza generato dei fenomeni di differenziazione e ritardo evolutivo, pienamente osservabili. Osservando le popolazioni cechistaiche di oggi è quindi possibile, per una sorta di induzione a ritroso, avere, con buona approssimazione, un'idea di "come eravamo" tre millenni or sono.
Pasquino Pinzocheri Press Agency tiene a testimoniare il proprio massimo rispetto per tutti gli eminentissimi studiosi che stanno battendo palmo a palmo la Costa dei Cech e per le antiche istituzioni universitarie di cui fanno parte. Ciononostante, una domanda sorge spontanea: se quei popoli sono "fossili culturali", come tutti i fossili non sarebbe opportuno che fossero ricoperti da un congruo numero di metri di terra?

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