venerdì 27 novembre 2015

Fiori interiori&esteriori

In barba ad ogni convenzione, una mattina come tante altre, i fiori hanno deciso di sbocciare. Manco loro sapevano bene il perchè di questa scelta, ma tant'è.
Sono usciti silenziosamente dai germogli e dai boccioli e lentamente sono esplosi in tutti i loro colori. Non c'era un motivo, solo che avevano voglia di provare a provare, avevano voglia di "andare fuori", così, senza pretese e senza progetti particolari, sapevano solo che esisteva un "fuori", non ben definito ma accattivante. In un certo senso, avevano deciso di dimostrare a se stessi di esistere e di saper stare all'aria, di mostrarsi, addirittura pareva che volessero "prendere la parola".

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I gerani stavano orgogliosi e floridi nelle loro fioriere e penzolavano dalla ringhiera guardando i passanti con i loro petali, rossi come cappelli da cardinale.
Le rose se ne stavano in cima ai loro steli cosparsi di spine, con quell'eleganza altera tipica di chi è cosciente di una bellezza indiscutibile, pienamente convinte della loro divina delicatezza.
I gigli bianchi parevano un po' imbarazzati a mostrare i loro petali di un candore marmoreo, ma erano convinti che era comunque meglio dello stare chiusi nel bocciolo. Per contro, i gigli arancioni erano perfettamente a loro agio, orgogliosi dei loro petali dal colore così potente, un colore che testimoniava una fame di vita e di sole troppo a lungo repressa.
La serenella aveva deciso di strafare, con centinaia di grappoli che mandavano un profumo più forte del rullo di un tamburo che chiama all'arrembaggio. Un profumo sensuale ed inebriante, un vero e proprio squillo di tromba che invitava a vivere.
I garofani presidiavano silenziosi e determinati l'aiuola, non avevano bisogno di fare altro, si limitavano a tenere alte le loro corolle ed a mandare un profumo persistente, incuranti degli sguardi e dei commenti dei passanti. 
La forsizia si sbizzarriva con una cascata di fiori giallo oro e pareva pronta a spandersi ovunque con i suoi rami, incurante di qualsiasi confine.
Anche il crisantemo era sul piede di guerra, stanco marcio di essere associato ai morti ed ai cimiteri. Avena appena saputo che il suo nome derivava dal greco e significava letteralmente "fiore d'oro", per questo aveva messo a bella posta quattro fiori color cremisi di raro splendore e sembrava volesse urlare "ci sono anch'io, non mi portate più a marcire vicino ad un loculo".

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Le gesta dei fiori non passavano inosservate. Le prime reazioni erano sull'indifferente andante, improntate allo scetticismo ed alla commiserazione. Coloro che passavano in giardino si limitavano a dire "sì, ma tanto durano poco", "sì, sono anche carini, ma come sono pretenziosi", "apprezzabili, ma sanno poco della vita, impareranno", "beata gioventù, lasciamo che si godano la loro inconsapevole  spensieratezza", oppure "prima di quanto pensano andranno a sbattere contro la realtà e  sapranno cosa significa stare al mondo".

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Passano due settimane ed i fiori sono non danno segni di cedimento, anzi, sono sempre più rigogliosi:
  • i gerani salutano sorridendo chi passa sotto la ringhiera
  • le rose occhieggiano con lo stesso fascino dell'imperatrice Plotina
  • i gigli spiccano alla luce del sole, con colori che sembrano usciti dal pennello di Van Gogh
  • la serenella continua ad ammaliare col suo profumo chi passa, come se fosse una sirena
  • i garofani stanno fermi, rocciosi e fieri come i Moai dell'Isola di Pasqua
  • la forsizia brilla tutta d'oro, manco fosse re Mida
  • il crisantemo ha fiori sempre più cremisi, che sembrano fatti di velluto

A questo punto la situazione comincia ad essere imbarazzante. Tutto quell'esplodere di colori, profumi e vita potrebbe, forse, magari, essere una potenziale, probabile, futura minaccia all'ordine pubblico costituito delle menti e delle coscienze. Infatti i fiori continuavano a mettere scandalosamente in mostra la propria gioia di vivere, facendo pericolosamente calare il livello di tristezza negli uomini. Il livello di bellezza nell'atmosfera stava salendo pericolosamente.
Ma più bellezza e meno tristezza significa meno possibilità di governo del pensiero, allentamento delle corde e delle catene che serrano le coscienze, meno paura, meno terrore. Una domanda iniziava a sorgere spontanea: come fa un popolo che si reputa civile a vivere senza paura??
Il sistema informatico centralizzato di monitoraggio emotivo, installato presso il Ministero della Programmazione Interiore, stava infatti segnalando il netto calo dei principali indici statistici di terrore collettivo:
  • paura che i minori di anni 18 apprendano dell'inesistenza di Babbo Natale
  • paura che ti fottano la station wagon di seconda mano
  • paura che ti scassinino il bilocale di 32 metri quadri (dove si vive comodamente in cinque)
  • paura dell'immigrato fresco di sbarco
  • paura della zoccola mulatta che ti spompa il marito
  • paura del negro arrapato che ti ripassa la moglie, la figlia e la sorella
  • paura del professore gay che contagia gli studenti in età adolescenziale
  • paura del pedofilo che ti si ingroppa il bimbominkia primogenito

Alcuni fatti preoccupanti si erano intanto verificati, con grande apprensione delle pubbliche autorità:
  • le donne cominciavano ad uscire di casa sole la notte
  • un paio di ragazze si erano trovate un fidanzato di origini extra UE
  • alcune famiglie avevano preso l'abitudine di non chiudersi in casa alla vista di persone che passano per strada
  • due ragazze lesbiche avevano deciso di andare a convivere, scrivendo pure i loro nomi sul citofono
  • un anziano aveva offerto il caffè ad un giovane che chiedeva la carità fuori da un bar
  • le neo mamme avevano iniziato a girare per strada col passeggino (anzichè starsene chiuse in un seminterrato a tripla mandata)

Basta! Occorreva intervenire prima che la situazione divenisse insostenibile. Avanti di questo passo, il popolo avrebbe intrapreso, in poco tempo, la strada della totale emancipazione dalla paura, diventando ingovernabile. L'anarchia delle menti, ben più pericolosa di quella politica, l'avrebbe presto fatta da padrona. 

Bisognava mettere tempestivamente un ripiego.
Il Gran Consiglio dei Sapienti si riunisce in somma urgenza in seduta segreta (che segreta non rimane per via del greve odore di muffa che si spande per le strade, penetrando nelle case e nelle scuole). Dopo 8 ore ininterrotte di dibattito, i sommi reggenti dei destini della nazione deliberano quanto segue:
  • lo sbocciare dei fiori si configura come unico e coordinato disegno criminoso posto in essere da un'organizzazione a delinquere con finalità di eversione dell'ordine claustrofobico e democratico
  • i fiori dovevano essere immediatamente rinchiusi in una serra coi vetri oscurati, affinchè potessero silenziosamente avvizzire senza essere visti 


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Il giorno dopo prende corpo il progetto di salute pubblica predisposto dai Sapienti. Una speciale squadra di emergenza facente capo all'Ufficio Protezione Mentale interviene nel giardino, sradica piante e fiori e li trasferisce in una serra, affinchè non siano più esposti alla vista della popolazione.
Dopo una settimana, invece di avvizzire e seccarsi, piante e fiori sono talmente cresciuti in altezza da sfondare i vetri della serra ed essere di nuovo visibili. Lo scandalo continua, il disegno eversivo è più radicato e strutturato di quanto si pensi e ciò non può essere assolutamente tollerato oltre. Per testimoniare la vicinanza delle istituzioni al popolo, intervengono sul posto per un sopralluogo:
  • il Gran Consiglio dei Sapienti al completo
  • il Ministro della Programmazione Interiore, con codazzo di sottosegretari e portaborse
  • il capo dell'Ufficio Protezione Mentale

Terminato il sopralluogo, viene deciso all'unanimità un drastico intervento: i fiori e le piante saranno trattati col diserbante e poi smaltiti presso l'inceneritore dei rifiuti, affinchè spariscano non solo fisicamente ma anche nella memoria collettiva.

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Detto fatto: dopo una settimana dei fiori non vi è più traccia e nessuno sembra più ricordarsene. La vita sembra riprendere normalmente, i livelli di paura collettiva e di mediocrità sembrano salire.

***

Una mattina, verso le 10, il Gran Consiglio dei Sapienti, il Ministro della Programmazione Interiore ed il capo dell'Ufficio Protezione Mentale sono riuniti in seduta comune presso il Cenotafio della memoria, per assumere alcune gravi ed indifferibili decisioni inerenti il destino della nazione (scelta delle luminarie per l'imminente Giornata mondiale della verza in salamoia ed individuazione del direttore della costituenda Agenzia internazionale per la protezione del cormorano padulo). Tutto sembra procedere al meglio: il silenzio tombale e l'odore di chiuso presidiano le strade, il mercato pullula di bravi cittadini in fila alla bancarella delle caldarroste amnesiache, la polizia collega bambini ed adolescenti ad un notebook infilandogli un cavo USB nel naso e li formatta seduta stante, senza che debbano far la fila a scuola o in questura.
Ma ... succede quello che non ti aspetti. Dal pavimento del cenotafio spunta un anaconda lungo 9 metri, con una botte di diserbante sulla schiena. Con una mossa fulminea ispeziona rettalmente ciascuno dei presenti con la testa e li clisterizza di diserbante facendo loro venire un groppo alla gola. 
Terminato il suo intervento di sanificazione intellettuale e spirituale, il serpentone prende la parola e declama: 

in verità, in verità vi dico
coloro che diserbano il pensiero saranno diserbati nelle budella
coloro che proteggono le nostre menti non proteggeranno le proprie terga
coloro che fanno il vuoto nelle coscienze avranno il vuoto nel proprio retto

... il contrappasso dei giorni nostri.

That's all folks!!

mercoledì 18 novembre 2015

Il camionaro

Infame camionista della media Valtellina
Mostro dotato di intelligenza luciferina
Empia incarnazione del peggior male
Sembianze umane con anima da maiale
Mignottaro senza alcuna remissione
Essere refrattario ad ogni redenzione
Per lui uomo uguale bestia da soma
Coscienza immersa in profondo coma
Il solo pensarlo ispira profondo ribrezzo
La sua immagine manda mefitico lezzo
Per un bancale vendeva una persona
Per 50mila lire ogni porcata era buona
Troppo tardi o maledetto sei schiattato
Ma in tanti credici abbiamo esultato
Troppo tempo sei rimasto su questa terra
Sei stato più orrendo della peggio guerra
Che bel fiore è pure il tuo baldo figlio 
Sangue del diavolo non crea certo un giglio
E quella fottuta sordomuta baldracca
Da sotterrare in una fossa piena di cacca
Speriamo sia davanti a rovente tribunale
Per l'animaccia sua solo pena capitale
Sotterrarlo con autocarro ribaltabile
Profanare la salma in modo memorabile
Riempirsi di birra scura sino alle ossa
E poi andare a pisciare sulla sua fossa
Fredda, infida e squamata creatura
Troppo tardi giunge la sepoltura
Entità malefica dal cuore sordomuto
Troppo tardi arriva l'estremo saluto

Epitaffio
In spregio a qualunque sentimento di umanità condusse la propria giornata terrena, reclinando troppo tardi il capo con empia serenità. 
Le sue spoglie attendono qui invano lo squillo dell'angelica tromba.